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L’età dell’uomo, qualità spermatica e successo della PMA

Un recente studio ha confermato che l’età e di conseguenza la qualità spermatica dell’uomo influiscono sulla riuscita del percorso PMA. L’esigenza di studiare quanto l’età dell’uomo interferisca nella riproduzione assistita dipende dal fatto che negli ultimi anni è aumentato in modo spropositato il numero delle coppie che affrontano la PMA. L’obiettivo della ricerca è quella di analizzare l’impatto dell’età maschile sulle caratteristiche del liquido spermatico e la sua incidenza sui tassi di successo nella fecondazione, nell’impianto e nei bambini nati vivi nelle coppie sottoposte a trattamenti di PMA. La ricerca è stata condotta su un campione di uomini di età compresa fra i 25 e i 45 anni, prendendo in considerazione tre parametri di qualità del liquido seminale: volume dell’eiaculato, concentrazione di spermatozoi e motilità progressiva. Sono stati presi in considerazione inoltre sia uomini sani che uomini con problemi di salute (come ad esempio obesità o diabete) e in entrambi i casi è stata riscontrata una riduzione significativa della concentrazione degli spermatozoi.

Cosa afferma la ricerca?

Ma cosa afferma la ricerca? La conclusione dello studio, sulla base dei dati disponibili, è che vi sia un’incidenza negativa dell’età paterna sui parametri legati alla qualità del liquido seminale e che tale influenza sia rilevante sugli esiti dei trattamenti di PMA soltanto in presenza di un’età femminile avanzata. Infatti, è stato dimostrato che nei casi di motilità ridotta si sono avuti esiti negativi embriologici peggiori. Dunque, l’età paterna sembra che influisca negativamente soprattutto sulla formazione di blastocisti e sulla qualità embrionaria.

PMA al CFA

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